
Da una parte “L’Infinito” descritto dai versi di Leopardi.
Dall’altra la finitudine del presente che viviamo.
Tra queste due dimensioni si muove il racconto di Santeramo, in un travolgente flusso ipnotico e potente ricco di slanci poetici, pagine di diario, flash di cronache quotidiane. E tutta la musica imbastita dal vivo dal chitarrista e alchimista di suoni Sergio Altamura e dal contrabbassista Giorgio Vendola.
A venirne fuori è un mosaico di parole, gesti e suoni teso a portare lo spettatore sul filo della riflessione a partire dalla infinita corsa dei giorni, che inghiotte nella confusione e non permette più di affacciarsi su una visione che vada “oltre” quell’“ermo colle” che “il guardo esclude”.
Non c’è “dolce naufragar” – sembra sottintendere Santeramo – in questa assenza di silenzio, che non consente all’immaginazione il minimo spazio per spiegare le ali e per reagire alla drammatica caducità delle cose.